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Contrattura muscolare al collo: Postura e prevenzione da tenere a mente

Ore e ore piegati su dispositivi tecnologici hanno ormai modificato molte abitudini quotidiane. Assumere una postura adeguata non è solo una buona pratica, ma una necessità per evitare fastidiosi dolori cervicali. Le posizioni che adottiamo ogni giorno giocano un ruolo cruciale nella salute del nostro corpo. Numerosi studi hanno evidenziato come un allineamento scorretto della colonna vertebrale possa portare al sovraccarico dei muscoli del collo, generando tensioni dolorose.

Adottando una postura migliore, non solo si riducono i rischi di dolore muscolare, ma si guadagna anche in termini di benessere. I consigli degli esperti includono tenere lo schermo del computer all’altezza degli occhi, usare sedie che supportano la schiena e concedersi pause frequenti durante il lavoro.

Differenze tra postura corretta e scorretta

Per adottare una postura corretta, occorre prestare attenzione ad alcuni dettagli che, alla lunga, migliorano il nostro stato fisico complessivo:

  • Posizionare il monitor all’altezza degli occhi: fondamentale per evitare movimenti del collo inutili.
  • Mantenere la schiena dritta e ben appoggiata: riduce lo stress sulla colonna vertebrale.
  • Fare pause frequenti: essenziale per minimizzare la tensione muscolare accumulata.

Esplora come piccoli cambiamenti nella postura possano prevenire disturbi significativi legati al collo. Approfondisci l’argomento della contrattura muscolare e dei rimedi.

Ripercussioni di una postura sbagliata

Trascurare una postura corretta può portare a conseguenze ben più durature del semplice mal di schiena momentaneo. Le posture errate si manifestano spesso con dolori persistenti al collo, che possono irradiarsi fino alla testa, causando emicranie. Se non affrontati tempestivamente, questi dolori possono cronicizzarsi, compromettendo la propria mobilità e, più in generale, la qualità della vita.

Postura e tensioni muscolari

La postura è decisiva nella distribuzione del peso corporeo e nell’interazione tra i muscoli del collo. Un assetto scorretto sovraccarica alcuni muscoli, dando origine a tensioni che, alla lunga, si trasformano in contratture. Rivedere la propria postura e adottare metodi preventivi, come lo stretching o pause frequenti, è un ottimo modo per evitare questi fastidi.

Trattamenti Fisioterapici per alleviare la contrattura muscolare al collo

Quando la contrattura muscolare al collo è già presente, rivolgersi a un fisioterapista qualificato è essenziale per trattare la condizione e ridurre i sintomi. Tra i trattamenti più efficaci troviamo:

Manipolazioni fisioterapiche

Le manipolazioni fisioterapiche sono tecniche manuali che mirano a rilassare i muscoli e migliorare la mobilità articolare. Queste tecniche includono massaggi specifici e movimenti controllati che aiutano a sciogliere le tensioni muscolari.

Tecarterapia

La tecarterapia è una terapia strumentale che utilizza energia elettromagnetica per stimolare i processi di guarigione del corpo. Questa tecnica riduce l’infiammazione e il dolore, favorendo il rilassamento dei muscoli contratti.

Metodo Posturale Mézières

Il Metodo Mézières è una tecnica di rieducazione posturale che lavora sull’allungamento delle catene muscolari. Questa tecnica mira a correggere le disfunzioni posturali e a ridurre la tensione muscolare, alleviando così la contrattura cervicale e migliorando la postura globale del paziente.

Consultare un Fisioterapista per un piano di trattamento personalizzato

Per affrontare efficacemente le contratture muscolari al collo, è sempre consigliabile rivolgersi a un fisioterapista qualificato. Grazie a una valutazione personalizzata, il fisioterapista può identificare le cause specifiche della contrattura e proporre un piano di trattamento adeguato, integrando diverse tecniche per ottenere un risultato duraturo.

Infiammazione del Bicipite Brachiale: cause, sintomi e trattamenti

La struttura del bicipite brachiale: un approfondimento

Il nostro corpo è una macchina perfettamente progettata, composta da componenti complessi che lavorano insieme. Prendendo in considerazione il braccio, troviamo il bicipite brachiale, un muscolo chiave nella funzionalità dell’arto superiore. Questo muscolo si divide in due parti: il capo lungo, situato lateralmente, e il capo breve. Il capo lungo, proveniente dalla capsula articolare, si collega direttamente alla scapola, mentre il capo breve si origina dal processo coracoideo della stessa scapola.

Entrambi i capi si fondono per creare un singolo ventre muscolare, determinando la capacità di flessione e supinazione dell’avambraccio, di flessione del braccio, e di una serie di movimenti della spalla, tra cui estensione orizzontale, adduzione, abduzione e rotazione interna.

Ti potrebbe anche interessare l’articolo di approfondimento sull’infiammazione del capo lungo del bicipite

Infiammazione del Bicipite Brachiale: Cause e Manifestazioni

A volte, il capo lungo del bicipite può subire un processo infiammatorio, condizione nota come tenosinovite. Questo disturbo può derivare da un uso eccessivo, un sovraccarico, o piccoli traumi ripetuti, spesso correlati ad attività fisiche o sportive.

I sintomi possono variare ampiamente, includendo dolore acuto, rigidità, sensazione di gonfiore o calore, limitazione nei movimenti, debolezza muscolare, contrattura del bicipite brachiale, rumori nell’area anteriore della spalla e la possibile formazione di un ematoma.

Trattamenti per l’Infiammazione del Bicipite Brachiale

Il trattamento per la tenosinovite del capo lungo del bicipite varia a seconda della posizione e della gravità del danno. Nel caso di lesioni distali, si preferisce un intervento chirurgico, seguito da un periodo di riposo e un programma di fisioterapia. Per le lesioni prossimali, invece, si adotta un approccio conservativo con fisioterapia e terapie strumentali.

Rieducazione Muscolare: Esercizi Benefici

La fisioterapia può svolgere un ruolo importante nel trattamento di questo disturbo. Gli esercizi mirati, progettati per migliorare la mobilità e la forza, possono contribuire a ridurre il dolore e accelerare il recupero.

Precauzioni nell’Esercizio Fisico

Anche se l’esercizio è fondamentale, è altrettanto importante conoscere i limiti. Quando si tratta di un muscolo infiammato, dovrebbero essere evitati movimenti che causano dolore o disagio. Il riposo è fondamentale, così come la riduzione dell’intensità dell’esercizio.

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Se stessi affrontando problemi persistenti legati al tuo bicipite brachiale, potrebbe essere il momento di consultare un esperto. Sul nostro portale, avrai accesso ai migliori ortopedici delle principali città italiane. Non esitare a contattarli per una consulenza: la tua salute è la nostra priorità.

Capo Lungo del Bicipite: infiammazione e cura

Anatomia della spalla

La spalla è una struttura complessa, protagonista di un’infinità di movimenti. Al suo interno, il bicipite brachiale riveste un ruolo essenziale. Questo muscolo è suddiviso in due parti principali: il capo lungo e il capo breve.

Il capo lungo del bicipite si situa lateralmente, originando dalla capsula articolare. Nasce, infatti, dal tubercolo sovra-glenoideo della scapola e dal labbro glenoideo attraverso il suo tendine. D’altro canto, il capo breve deriva dall’apice del processo coracoideo della scapola.

Queste due parti si uniscono per formare un unico ventre muscolare vicino al terzo mediano del braccio. Questo muscolo consente una serie di movimenti, tra cui la flessione e supinazione dell’avambraccio, flessione del braccio, estensione orizzontale, adduzione, abduzione e rotazione interna del braccio.

Cause dell’infiammazione del Capo Lungo del Bicipite

La tenosinovite del capo lungo del bicipite si verifica quando questo muscolo si infiamma. Ciò può accadere a causa di un uso eccessivo, di sovraccarico o di microtraumi, specialmente durante movimenti ripetitivi o attività sportive intense.

Sintomi e diagnosi

I sintomi dell’infiammazione possono variare a seconda dell’entità del danno. Possono essere costanti o manifestarsi prima o dopo l’attività fisica. Alcuni dei sintomi più comuni includono dolore acuto durante i movimenti, rigidità dell’arto, sensazione di gonfiore, calore e bruciore, limitazione nei movimenti, debolezza muscolare, contrattura del bicipite brachiale, rumori nella parte anteriore della spalla e possibile presenza di ematoma.

Trattamenti

Il trattamento dipenderà dalla localizzazione e dalla gravità della lesione. Nel caso di lesioni distali, l’approccio preferito è l’intervento chirurgico, seguito da un periodo di immobilizzazione e fisioterapia. Per le lesioni prossimali, si tende a optare per un trattamento conservativo, basato su fisioterapia riabilitativa e terapie strumentali.

Chirurgia

La chirurgia può essere considerata se i metodi conservativi non danno risultati, o se la lesione è particolarmente grave. L’obiettivo della chirurgia è di ripristinare la funzionalità normale del bicipite, alleviare il dolore e prevenire ulteriori danni.

Capolungo del bicipite esercizi

Nel caso di infiammazione del capo lungo del bicipite, esistono esercizi specifici che possono aiutare a migliorare la mobilità e la forza. Ad esempio, un esercizio consigliato prevede di portare le spalle indietro, portando la testa all’indietro e aprendo la bocca, così da fare arretrare ulteriormente la testa. In questa posizione, si uniscono le spalle, ruotando le mani verso l’esterno e i pollici all’indietro e mantenendo la posizione per qualche secondo per cinque ripetizioni.

Capolungo del bicipite esercizi da evitare

Se hai un’infiammazione del capo lungo del bicipite, non ci sono esercizi specifici da evitare. Tuttavia, è importante sapere che ridurre i movimenti e osservare un adeguato periodo di riposo è fondamentale. Nonostante il dolore, non eliminare mai del tutto il movimento, limitandosi a ridurli, come serie, come peso e come intensità.

Prevenire l’infiammazione della spalla

La prevenzione dell’infiammazione del capo lungo del bicipite include un corretto riscaldamento prima dell’esercizio, una buona tecnica durante l’attività fisica e l’allenamento, e un adeguato periodo di recupero tra gli allenamenti. È anche importante mantenere una buona postura e un corretto equilibrio muscolare.

Se stai sperimentando problemi persistenti con il tuo bicipite, ti consigliamo di contattare uno specialista. Nel nostro portale, puoi trovare i migliori ortopedici, selezionati dalle principali città italiane. Non esitare a contattarli per una consulenza. La tua salute è la nostra priorità.

Frattura ischio pubica: guida completa

La frattura ischio pubica può interessare una o più ossa del bacino e possono essere causa di un forte dolore anche in posizione seduta o distesa.

All’interno della categoria delle fratture pelviche si trovano fratture che presentano il distacco di un piccolo frammento osseo, fratture causate da forze lesive minime e fratture come conseguenza di forze lesive di maggiore intensità.

Frattura ischio pubica nell’anziano

Il classico caso di una frattura in conseguenza di una forza lesiva minima è la frattura pelvica in un soggetto anziano, molto spesso affetto anche da osteoporosi.

Quando si parla di forze lesive di alta intensità, , invece, si fa riferimento ad incidenti stradali o a traumi significativi.

Il bacino è situato nella parte inferiore del tronco e si compone di tre ossa:

  • ileo, ossia l’osso superiore e di maggiore grandezza del bacino, che si colloca nella parte posteriore;
  • pube, ossia l’osso centrale del bacino, che si colloca nella parte anteriore;
  • ischio, ossia l’osso inferiore del bacino, che si colloca nella parte posteriore.

Queste ossa formano una cavità all’interno della quale si inserisce l’estremità superiore del femore, con il quale formano l’articolazione dell’anca. Inoltre, il bacino si collega alla parte inferiore della colonna vertebrale tramite l’osso sacro.

Dunque, le fratture pelviche possono verificarsi nelle ossa iliache, pubiche o ischiatiche.

Frattura ischio pubica sintomi

In seguito ad una frattura del bacino, si riscontra un forte dolore all’inguine, anche in posizione distesa o seduta, il quale aumenta quando si prova a camminare.

Inoltre, nella zona, si individuano gonfiore e segni di contusione.

Se vi sono lesioni anche ad altre strutture, vi sono ulteriori sintomi, come sangue nelle urine, difficoltà nella minzione, incontinenza o sanguinamento da retto o vagina.

Le fratture pelviche più gravi possono comportare shock o emorragie anche letali o accompagnarsi a lesioni gravi anche ad altri organi.

Le fratture in cui vi sia stato danneggiamento anche della cavità articolare dell’anca, invece, comportano un’invalidità permanente.

Frattura branca ischio pubica cura

FRATTURA ISCHIO PUBE

In caso di sospetto di una frattura ischio pubica, è consigliato recarsi subito al pronto soccorso, dove verrà condotto un esame obiettivo per verificare l’eventuale presenza di altre lesioni e procedere ad ulteriori esami.

Tramite radiografia, è possibile individuare la maggior parte delle fratture pelviche.

Nella maggior parte dei casi, però, ad essa viene abbinata una tomografia computerizzata, tramite la quale è possibile individuare i diversi frammenti delle ossa fratturate e verificare la presenza di altre lesioni.

Inoltre, per accertarsi dell’assenza di lesioni alle vie urinarie, il medico procede ad esame obiettivo con esame neurologico, esplorazione rettale digitale, esame delle urine ed esame pelvico per le donne.

In caso di sospetto di lesione alle vie urinarie, si procede a tomografia computerizzata o ad altri esami di diagnostica per immagini per le vie urinarie.

Frattura branca ischio pubica trattamento

Quando si ha a che fare con una frattura ischio pubica di lieve entità, è sufficiente una terapia farmacologica a base di antidolorifici e l’esecuzione di movimenti leggeri.

Nel caso di fratture più importanti, invece, è necessario procedere a stabilizzazione e immobilizzazione del bacino con dispositivo esterno o con placche e viti inserite tramite intervento chirurgico.

Frattura branca ischio pubica riabilitazione

Per favorire un recupero graduale e duraturo, i medici consigliano di seguire un programma di riabilitazione e di fisioterapia adeguata, da abbinare ad una cura farmacologica per prevenire la formazione di coaguli sanguigni.

Fondamentale è il movimento periodico delle gambe, ma evitando in modo assoluto di sovraccaricare le ossa del bacino.

Frattura ischio pubica guarigione

Le fratture ischio pubiche stabili hanno una prognosi migliore rispetto alle fratture del bacino instabili: in entrambi i casi, si parla comunque di qualche mese per un recupero pieno.

Infatti, le fratture stabili presentano tempi di recupero inferiori e, in loro presenza, i pazienti rispondono in modo migliore ai trattamenti.

Inoltre, ulteriore elemento che depone nel senso di una prognosi migliore sta nel fatto che, per il loro trattamento, si può procedere anche con cure non invasive.

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Frattura tallone: una guida avanzata

La frattura del tallone è quella che interessa il calcagno, ossia l’osso del tallone, che si colloca nella parte posteriore del piede, ed è detta anche frattura calcaneare.

In genere, una frattura al tallone deriva da un trauma lesivo intenso: per questa ragione, difficilmente ci si troverà dinanzi ad una sola frattura del tallone, ma questa sarà, anzi, accompagnata spesso da lesioni a carico della colonna vertebrale o del ginocchio.

Un esempio può essere il caso di lesioni dovute ad attività sportiva, di incidenti stradali o di un soggetto che atterra sui piedi in conseguenza di una caduta da un’altezza considerevole.

Si pensi che, nel diciottesimo secolo, tale frattura era conosciuta anche come “frattura amante tallone” o frattura dell’amante, perché era l’infortunio più frequente negli amanti, i quali saltavano da finestre o balconi per scappare e non esser colti sul fatto.

Inoltre, alcune fratture calcaneari possono interessare anche l’articolazione e comportare una lesione alla cartilagine: è il caso di una frattura multipla tallone.

Altre fratture del calcagno possono essere anche fratture da stress, ossia fissurazioni dell’osso conseguenti a ripetute sollecitazioni della zona, in particolare ciò può accadere negli atleti come i corridori di fondo.

È possibile dire che questo tipo di fratture costituisce una parte minima delle fratture; tuttavia, può essere causa di problemi permanenti se non sono diagnosticate e trattate in modo adeguato.

Frattura tallone sintomi

Nei casi di frattura, il primo sintomo è quello di dolore al tallone al momento della palpazione.

Inoltre, piede e caviglia risultano visibilmente gonfi e possono essere contusi.

Come conseguenza del dolore, il paziente riporta impossibilità di porre carico su piede, tallone e caviglia.

Ulteriore conseguenza della frattura può essere lo sviluppo della sindrome compartimentale: ciò avviene quando il gonfiore preme sui vasi sanguigni vicini, interrompendo o riducendo così il flusso ematico e danneggiando i tessuti privi di sangue.

Frattura al tallone terapia conservativa

frattura del calcagno

Per la diagnosi di frattura al calcagno, i medici si basano in primis sui risultati delle radiografie, mentre, in casi più particolari, richiede l’esecuzione di una tomografia computerizzata.

Quest’ultima unisce la radiografia e la tecnologia informatica, dando in questo modo un’immagine tridimensionale della zona lesionata.

Il trattamento iniziale di una frattura calcaneare può essere di tipo conservativo con il ricorso ad un tutore, il rispetto di un periodo di riposo, l’applicazione del ghiaccio e la compressione e il sollevamento dell’arto.

In seguito, può essere necessario ricorrere ad ingessatura o a intervento chirurgico per favorire il riposizionamento dei frammenti ossei e per contribuire a mantenerli in sede, soprattutto quando si tratta di una frattura scomposta tallone.

Nei casi in cui il tipo di frattura lo richieda, può essere necessario sottoporre il paziente a intervento chirurgico.

Frattura tallone riabilitazione

Per superare al meglio una frattura del tallone, è necessario seguire un trattamento fisioterapico adeguato.

In primis, viene istruito il paziente a non caricare il calcagno fino a completa guarigione della frattura.

Il tempo di guarigione dipende dal tipo di lesione, ma possono volerci anche diversi mesi.

In considerazione del tipo di frattura, il medico può incoraggiare il paziente ad effettuare qualche primo movimento di piede e caviglia e a caricare la caviglia, ma senza arrivare a sentire dolore.

La fisioterapia prevede l’esecuzione di esercizi specifici che contribuiscano a migliorare la mobilità articolare di piede e caviglia e a rafforzare i muscoli di sostegno.

Nella fase di ripresa della deambulazione, il paziente potrebbe dover ricorrere ad un bastone o ad una calzatura contenitiva per proteggere l’articolazione da altre lesioni.

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Frattura epifisi distale del Radio: una guida completa

Le fratture dell’epifisi distale del radio sono molto frequenti in ogni fascia d’età e in entrambi i sessi.

Ad essere colpito da una frattura epifisi distale del radio è una vasta parte della popolazione, ma in modo particolare si verificano più facilmente in soggetti giovani che svolgano attività sportiva o in soggetti anziani interessati da osteoporosi.

Tuttavia, una frattura dell’epifisi distale del radio può avere anche origine traumatica, in particolare in seguito a traumi indiretti in estensione del polso, che possono produrre uno spostamento consistente.

Questo tipo di frattura è nota anche come frattura di Colles o di Poteau Colles.

In seguito ad essa, è fondamentale procedere ad un primo trattamento specifico e stabilire un adeguato protocollo riabilitativo: questo è necessario per ridurre i tempi di recupero e favorire la ripresa del paziente, riducendo le conseguenze dovute alla deformazione della lesione e la limitazione funzionale dovuta al dolore articolare.

Epifisi distale del radio frattura: anatomia

Il nucleo di accrescimento dell’epifisi distale del radio compare dopo il primo anno di età, mentre tra i 17 e i 21 anni nelle donne e tra i 20 e i 26 anni negli uomini si fonde con la diafisi.

Alla base dell’estremità distale vi è la faccia articolare carpale, rivestita di cartilagine e suddivisa in due faccette secondarie, quali la faccetta laterale per l’articolazione con l’osso scafoide e la faccetta mediale per l’articolazione con l’osso semilunare.

I nervi che possono essere coinvolti in caso di frattura scomposta epifisi distale del radio sono tre: il nervo mediano e il nervo ulnare, sulla faccia volare; il nervo radiale sulla faccia posteriore e laterale.

I legamenti che rinforzano la capsula articolare radio-carpica sono:

  • legamenti volari, quali legamento radio-carpico volare e legamento ulno-carpico volare;
  • legamenti dorsali: legamento radio-scafoideo, legamento radio-carpico e legamento ulno-carpico-dorsale;
  • legamenti laterali: legamento collaterale radiale e il legamento collaterale ulnare.

Frattura epifisi distale radio: esami

Il principale strumento diagnostico per verificare il tipo di frattura dell’estremo distale è la radiografica, attraverso proiezioni antero-posteriore e laterale.

Tramite radiografia, è possibile acquisire informazioni relativamente alla stabilità della lesione e trarne adeguate indicazioni per il trattamento.

Sono cinque le misurazioni radiografiche consigliate per valutare fratture dell’estremità distale del radio:

  • inclinazione palmare;
  • inclinazione radiale;
  • lunghezza del radio;
  • larghezza del radio;
  • variazione ulnare.

In caso di traumi in pazienti giovani e attivi, alla radiografia vengono affiancate TAC e RMN, per permettere al medico di individuare un trattamento più idoneo al caso.

Tipologie ed esiti frattura epifisi distale radio

Le fratture dell’epifisi distale del radio sono distinguibili in due tipologie:

  • le fratture extra articolari, che coinvolgono i 3 o 4 cm distali del radio;
  • le fratture intra articolari, che si estendono fino all’articolazione radio-carpica e radio-ulnare; sono molto frequenti nei soggetti anziani, nei quali il processo di invecchiamento comporta una riduzione del tono di calcio, rendendo l’osso più fragile.

Frattura composta epifisi distale radio

La frattura composta epifisi distale del radio è una frattura che sia incompleta o nella quale i frammenti di osso sono rimasti nella loro posizione anatomica.

Frattura scomposta epifisi distale radio

frattura del radio

La frattura scomposta, invece, è una frattura al cui interno i frammenti ossei sono male allineati.

In questo caso, si deve procedere ad una riduzione attraverso manipolazione dei frammenti della frattura in modo da posizionarli adeguatamente.

Frattura epifisi distale radio: trattamento

Il trattamento chirurgico è molto indicato in questo tipo di fratture, sia nelle fratture esposte che nelle fratture chiuse quando siano associate a fratture esposte nei pazienti traumatizzati cranici, negli anziani o nei politraumatizzati.

Il trattamento chirurgico permette una riduzione anatomica e stabile della frattura, così da ripristinare in breve tempo la mobilità articolare.

Il ricorso a questo tipo di trattamento è indicato per:

  • fratture a scivolamento volare, quando la riduzione non è stabile;
  • fratture a scivolamento dorsale, quando vi è una scomposizione secondaria non trattata dall’inizio e non riducibile con manipolazioni esterne;
  • fratture scomposte della stiloide radiale;
  • fratture intra articolari irriducibili;
  • fili percutanei;
  • fili inglobati nel gesso;
  • tecnica della cementazione nell’anziano;
  • riduzione a cielo aperto e sintesi con placca;
  • fissazione elastica endomidollare;
  • metodica di Ulson;
  • sistema Epibloc;
  • fissazione esterna.

Frattura epifisi distale radio riabilitazione

Le tecniche di rieducazione funzionale e di riabilitazione del polso sono fondamentali.

L’immobilizzazione del polso ha una durata variabile, in base alla tecnica di trattamento utilizzata.

Quando si tratta di fratture trattate in modo conservativo con apparecchio gessato brachio metacarpale e nelle fratture trattate con fili percutanei e gesso, l’immobilizzazione si aggirerà intorno alle cinque settimane.

Nel caso di fratture trattate con placca, il periodo di immobilizzazione, invece, si ridurrà a circa due settimana, mentre nelle fratture trattate con fissatore esterno si procede a neutralizzazione per quattro settimane e a dinamizzazione per le tre settimane successive.

Già durante l’immobilizzazione si procede al trattamento riabilitativo, per ridurre l’edema della mano ed evitare che la rigidità si estenda alle articolazioni vicine, quali gomito, dita e spalla.

Le metacarpo falangee devono essere lasciate libere dal gesso e vanno mobilizzate in modo attivo e passivo con esercizi di abduzione e adduzione ed esercizi di pinza tra il primo dito e le altre.

Inoltre, vanno eseguiti esercizi di abduzione, rotazione esterna e retroposizione della spalla, nonché di flesso-estensione del gomito, che permettono di mantenere integre le capsule articolari e di prevenire l’inspessimento tendineo e le aderenze delle articolazioni non coinvolte.

Una volta rimossa l’immobilizzazione, si procede in modo progressivo con esercizi attivi, passivi e contro resistenza, da eseguire con la guida del terapista.

Per ridurre il dolore, possono essere applicate sull’estremo distale del radio frequenze elettrice tra i 50 e 100 Hz, come impulsi di bassa intensità e dalla durata tra i 60 e 150 microsecondi.

Inoltre, è importante procedere al trattamento dell’edema con massaggio superficiale per far riassorbire i liquidi: il massaggio non deve mai andare in profondità, altrimenti si correrebbe il rischio di flogosi, che comporta la comparsa delle calcificazioni periarticolari. Proprio per evitare tale rischio, si preferisce ricorrere a drenaggio linfatico.

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Gonartrosi o artrosi del ginocchio

L’artrosi del ginocchio, chiamata anche gonartrosi, è una patologia sempre più diffusa, si manifesta in età avanzata, ma non solo, spesso si presenta anche in giovane età.

La gonartrosi è causata dal progressivo indebolimento della cartilagine articolare, un elemento fondamentale per tutti i nostri movimenti, che porta, successivamente, al deterioramento delle altre componenti del ginocchio, come i legamenti, i menischi, i tendini e l’osso subcondrale.

Come possiamo riconoscere l’artrosi del ginocchio?

Molto spesso questa patologia è asintomatica, ma generalmente i sintomi che consentono di riconoscerla sono in primo luogo il dolore, poi il conseguente gonfiore e infine, la ridotta capacità di movimento che provoca frequenti scricchiolii di tutta l’articolazione.

Col passare del tempo l’artrosi del ginocchio provoca una deformità articolare, che progressivamente porta ad una sempre maggiore limitazione dei movimenti, è quindi, molto importante non sottovalutare i vari campanelli d’allarme segnalati dal nostro corpo.

L’artrosi del ginocchio, nello specifico, è una patologia che normalmente si manifesta negli anziani, ma a volte può presentarsi anche in giovane età, per diverse cause. Alcuni dei fattori di rischio che facilitano lo sviluppo della gonartrosi possono essere legati, ad esempio, ad una familiarità, ad un problema di sovrappeso, ad uno stile di vita particolarmente sedentario, oppure a traumi subiti al ginocchio.

Ci chiediamo tutti, a questo punto, se si può guarire da questa patologia. In realtà l’artrosi, in generale, è una malattia irreversibile, da cui non si può guarire, ma attraverso vari trattamenti e terapie è possibile ritardarne l’avanzamento.

I trattamenti che consigliano gli specialisti dipendono dalla fase più o meno grave della malattia, ad esempio, nelle forme meno gravi si consigliano delle terapie mediche, con antinfiammatori per il dolore, terapie fisioterapiche accompagnate da infiltrazioni articolari, che consentono di risolvere il problema momentaneamente, e infine, l’utilizzo di una ginocchiera rotulea che mantiene il movimento del ginocchio controllato.

In quest’ultimo caso, l’utilizzo di tutori può essere un’opzione da non sottovalutare, poiché garantisce sollievo per il dolore e funge da supporto per la mobilità dell’articolazione. I tutori per il ginocchio sono, generalmente, realizzati con un tessuto a maglia compressivo e traspirante, che è molto comodo e confortevole da indossare. E’ presente, inoltre, un inserto viscoelastico, avente un design funzionale e anatomico, che ha lo scopo di massaggiare tutta l’articolazione e la muscolatura.

Se, invece, è necessaria una stabilità e un controllo maggiore del movimento, si consiglia di utilizzare un’altra tipologia di tutore, che grazie ad una particolare imbottitura, allevia il dolore e offre una qualità migliore del movimento del ginocchio.

Generalmente, gli specialisti per i pazienti affetti da artrosi del ginocchio, consigliano di prestare molta attenzione anche agli sport da poter praticare, ad esempio, è fondamentale scegliere uno sport che non sovraccarichi l’articolazione, quindi, sono preferibili le attività motorie come il nuoto o la bicicletta, rispetto ad altre che potrebbero, invece, compromettere ulteriormente il ginocchio.

Chirurgia nella gonartrosi

Nei casi più gravi, invece, gli specialisti consigliano ai pazienti di sottoporti ad un intervento chirurgico che permette di impiantare una protesi al ginocchio.

Innanzitutto, dobbiamo sapere che la protesi da dover impiantare al ginocchio con quest’operazione,  deve possedere delle caratteristiche specifiche, ad esempio, dev’essere costruita con materiali molto resistenti, deve essere in grado si sopportare i carichi e, infine, dev’essere perfettamente compatibile con il corpo umano.

I materiali che si utilizzano solitamente, per le protesi da utilizzare al ginocchio, sono il titanio, che si integra perfettamente con l’osso, le leghe di cromo-cobalto, che vengono adoperate per le parti sottoposte a scorrimento, e il polietilene che serve a rivestire tutto il piatto tibiale. Esistono, inoltre, diverse tipologie di protesi che vengono impiantate a seconda dell’età del paziente o del suo grado di artrosi.

Ad esempio, è necessario impiantare una protesi totale quando l’artrosi prende l’intero ginocchio, mentre è possibile ricorrere ad una protesi parziale se, invece, bisogna intervenire su una sola parte dell’articolazione del ginocchio.

A questo proposito, per capire meglio come si svolge l’intervento, ci siamo rivolti allo specialista esperto in chirurgia protesica mini invasiva, il dottor Michele Massaro, che ci ha  dato consigli preziosi da seguire.

Prima di tutto il dottor Massaro ci ha rassicurato, affermando che questo tipo di operazione viene ormai svolta frequentemente, sono, infatti, sempre più numerosi i pazienti che si sottopongono all’impianto delle protesi al ginocchio.

Il suo lungo e accurato studio nell’ambito della chirurgia mini invasiva, gli ha permesso di essere oggi un grande specialista del settore. Grazie all’impianto di protesi mini invasive, infatti, offre moltissimi vantaggi ai suoi pazienti, attraverso queste tecniche innovative riesce a migliorare il disagio del paziente e, soprattutto, limita al minimo eventuali danni causati dall’intervento chirurgico.

Il dottor Massaro opera, nella maggior parte dei casi, impiantando le cosiddette “protesi monocompartimentali”, cioè parziali, che consentono di effettuare un intervento veloce e poco invasivo. Questo tipo di protesi, che va ad intervenire su una sola parte del ginocchio, è molto diffusa soprattutto all’estero, mentre in Italia è di recente utilizzo.

Per le  gonartosi più gravi è necessario impiantare al paziente una protesi totale, che va ad interessare il ginocchio per intero, ma anche in questo caso, il dottor Michele Massaro cerca di intervenire salvaguardando i tessuti del ginocchio e i legamenti del crociato sia posteriore che anteriore.

La maggior parte dei pazienti si chiede, spesso, quanto duri il decorso post operatorio e, soprattutto, quali siano i comportamenti motori più giusti da seguire.

In generale, il periodo di recupero totale, dopo aver subito l’operazione, è di circa 45 giorni; nel corso di questo periodo bisogna fare molta attenzione a seguire in modo corretto tutte le indicazioni del medico, affinché la libertà motoria si recuperi perfettamente.

Ad esempio, alcuni dei vari step da dover seguire sono, inizialmente la pratica di fisioterapia che prevede l’esecuzione di esercizi specifici da svolgere a letto, subito dopo, precisamente dal terzo giorno, è possibile iniziare una deambulazione assistita, e infine, nell’arco di 15 giorni il paziente potrà cominciare a camminare con l’aiuto delle stampelle.

Ovviamente la qualità del recupero dipende dalla disciplina del paziente, ma soprattutto, dalla competenza dello specialista a cui si affida, quindi, è importante documentarsi e ascoltare diversi pareri medici prima di decidere.

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Busto Ortopedico: tipologie ed efficacia

Il busto ortopedico è un supporto medico di cui ci si serve in ambito medico, in particolare per la cura di patologie che interessano la colonna vertebrale e delle problematiche relative alla postura.

Nello specifico, infatti, la funzione di un busto è quella di correggere o di curare patologie post traumatiche o croniche, intervenendo, quindi, in fase di prevenzione o in fase successiva.

Busto ortopedico o corsetto?

Una precisazione che vale la pena fare è quella relativa alla distinzione tra busto e corsetto.

Infatti, anche se spesso sono utilizzati con sinonimi, in realtà, busto e corsetto ortopedico sono due cose diverse e svolgono funzioni diverse.

Il busto ortopedico ha una funzione correttiva, infatti viene prescritto quando vi sono deformità della colonna vertebrale e vi è necessità di ricorrere ad un supporto correttivo.

Il corsetto ortopedico, invece, ha una funzione preventiva, per cui viene utilizzato per prevenire dolori lombo sacrali, per ridurre il carico sulle vertebre e per attenuare i disturbi conseguenti ad una postura scorretta.

Proprio per questa sua funzione, si consiglia di indossare il corsetto mentre si lavora al computer, così da mantenere una postura adeguata, o in caso di artrosi e osteoporosi, in quanto, in questo caso, si tratta di patologie che indeboliscono la colonna vertebrale, per le quali può essere utile servirsi di un supporto che aiuti a distribuire il peso che, altrimenti, graverebbe sulla colonna.

Tipologie di busto

corsetto ortopedico per scoliosi

Ogni patologia che riguardi la fascia dorsale, lombare o la schiena in senso più ampio ha un busto specifico.

Infatti, esistono diverse tipologie di busto ortopedico per schiena, tra le quali:

  • il busto per fratture;
  • il busto per la sciatalgia;
  • il busto specifico per la postura, come il busto ortopedico per scoliosi; un esempio è il busto lombo sacrale, particolarmente adatto per correggere difetti di postura;
  • il busto per ernia;
  • il busto per cifosi.

Ognuno di questi modelli ha differenti caratteristiche tecniche, in quanto ognuno di essi ha una funzione specifica.

Dunque, un busto può avere una struttura semirigida, per garantire massimo sostegno e, insieme, ampiezza dei movimenti, o una struttura elastica, che svolge una funzione di prevenzione del mal di schiena, o, ancora, una struttura rigida.

Ad esempio, il busto ortopedico lombare e il busto dorso lombare hanno un’efficacia diversa nei singoli punti della fascia mediana del corpo, mentre il busto lombo sacrale è ideale per far fronte a problemi posturali.

Efficacia del busto ortopedico

Quando si parla di questo supporto, la prima domanda che viene fatta è “ma il busto ortopedico fa male?”; infatti, alcuni sostengono che questo possa portare ad atrofia dei muscoli della schiena.

In realtà, data la struttura del supporto, è possibile anche dormire con il busto ortopedico, tuttavia si deve riconoscere che l’uso prolungato dello stesso anche durante le ore notturne può portare ad atrofia muscolare.

In genere, per ottenere un’efficacia curativa maggiore, si sceglie di affidarsi a busti su misura, i quali riescono ad adattarsi al fisico del paziente.

Inoltre, ai fini della sua efficacia, è importante anche sapere come si indossa un busto ortopedico.

Si tratta di un’operazione davvero semplice, infatti bastano pochi gesti e, in caso di difficoltà nel movimento, potete chiedere l’ausilio di chi vi sta vicino.

Tuttavia, ciò che spesso viene sottovalutato è l’importanza di avere una maglia al di sotto del busto, così che non risulti fastidioso: in particolare, il consiglio è quello di scegliere una maglia che sia liscia, elastica e aderente.

Busto ortopedico prezzi

I prezzi di un busto ortopedico variano a seconda della tipologia prescelta.

In genere, oscillano tra i 100 e i 200 euro, da quelli elastici fino ai più costosi busti rigidi, avvicinandosi anche ai 300 euro quando si tratta di busti più strutturati.

 

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Gel Piastrinico al ginocchio

L’infiltrazione di gel piastrinico al ginocchio è un trattamento infiltrativo, che si serve di un gel ricavato dalle piastrine, dalla consistenza gelatinosa, ma la cui plasticità lo rende iniettabile nelle diverse superfici di applicazione.

A tale terapia si ricorre per il trattamento di patologie di tipo traumatico e degenerativo, che interessano muscoli, tendini o articolazioni danneggiate e che in precedenza venivano curate solo attraverso infiltrazioni di cortisone o di acido ialuronico.

Nello specifico, ci si serve delle infiltrazioni di gel piastrinico per trattare pazienti con artrosi d’anca allo stadio iniziale e, ancora più di frequente, per trattare pazienti che accusino patologie a carico del ginocchio.

Nelle patologie che interessano l’articolazione del ginocchio, si tratta un danno più superficiale, per il quale il gel piastrinico ha presentato notevole efficacia.

In particolare, nello stadio iniziale della patologia, può rivelarsi risolutivo e capace di ritardare il ricorso ad un intervento di tipo chirurgico.

In caso di artrosi d’anca in stadio iniziale, si procede ad iniezioni intrarticolari di gel piastrinico quando si è ancora in tempo per ricorrere alla protesi o anche nel caso di intervento di reimpianto della protesi, per agevolarne l’integrazione con l’osso.

Infiltrazioni gel piastrinico ginocchio: come si esegue

gel piastrinico al ginocchio

Una volta prelevato, il gel piastrinico viene centrifugato e infuso seguendo protocolli scientifici ben definiti.

Le iniezioni devono essere praticate a livello intrarticolare e utilizzando un ago di 90 millimetri.

Ogni iniezione viene eseguita sotto guida di una radiografia o di un’ecografia e richiede l’anestesia locale.

Gel piastrinico ginocchio risultati

Le infiltrazioni gel piastrinico ginocchio mirano al recupero di muscoli, tendini o articolazioni e producono una serie di risultati in tal senso, quali:

liberazione dei fattori di crescita;

produzione di nuovi vasi sanguigni;

azione antinfiammatoria;

effetto analgesico.

In sostanza, il gel piastrinico si presenta come una soluzione efficace, soprattutto in ambito ortopedico e traumatologico, in quanto presenta benefici immediati, tra i quali la possibilità di ritardare interventi chirurgici.

Di fatto, le iniezioni riescono a ridurre il dolore e a migliorare la funzionalità dell’arto trattato.

Gel piastrinico cartilagine ginocchio

Il trattamento con gel piastrinico viene utilizzato anche per migliorare e stimolare la guarigione di tessuti, come la cartilagine.

In particolare, si ricorre ad esso in caso di lesioni della cartilagine del ginocchio, ma anche della spalla e della caviglia.

Gel piastrinico ginocchio controindicazioni

Gli studi condotti hanno ritenuto la procedura di infiltrazione come sicura, tollerata e, dunque, priva di effetti collaterali.

Tuttavia, il trattamento che prevede le infiltrazioni gel piastrinico al ginocchio è controindicato in presenza di patologie capaci di modificare la condizione e il profilo ematico del paziente, come nel caso di un deficit piastrinico, di neoplasie sistemiche e di patologie infettive in fase acuta.

Un’ulteriore controindicazione relativa al trattamento di cui si discorre è lo stato di flogosi acuta dell’articolazione.

Inoltre, è importante che il paziente non abbia assunto farmaci antibiotici o antinfiammatori nei 7 giorni antecedenti alla programmata seduta di infiltrazione di gel piastrinico per ginocchio.

Gel piastrinico ginocchio costi

I costi del trattamento di gel piastrinico variano in base al tipo di problema su cui si interviene, alla densità del gel e all’estensione della zona da trattare.

In genere, i costi si aggirano tra i 500 e 1000 euro.

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Prp Ginocchio

Il Plasma Ricco di Piastrine o gel piastrinico ginocchio (PRP) viene utilizzato anche come PRP ginocchio, per il trattamento di determinate patologie che interessano questa articolazione.

La sigla PRP indica i fattori di crescita piastrinica, che vengono estratti dal sangue del paziente e poi purificati tramite specifica tecnica di centrifugazione.

Dunque, la tecnica PRP ginocchio consiste in un concentrato di piastrine ottenuto con la centrifugazione del sangue prelevato dal paziente, che permette di separare dal sangue il gel piastrinico.

Le infiltrazioni di Plasma Ricco di Piastrine sono eseguite con iniezione dello stesso nella parte colpita dalla lesione per curare determinate patologie dell’apparato muscolo scheletrico.

Lo scopo è accelerare il processo di guarigione e favorire la rigenerazione dei tessuti di tendini, muscoli e cartilagine articolare.

L’efficacia del plasma varia in base al tipo e alla purezza di preparazione utilizzata.

Il PRP ginocchio funziona come trattamento indicato in casi specifici, quali:

  • lesioni della cartilagine e artrosi di bassa o media gravità del ginocchio;
  • lesioni parziali e tendinopatie del tendine rotuleo e quadricipitale del ginocchio;
  • lesioni dei legamenti del ginocchio, quindi dei legamenti collaterali e parziali, dei legamenti crociati anteriore e posteriore.

PRP cartilagine ginocchio

La cartilagine è un tipo di tessuto connettivo solido e liscio, ma flessibile e capace di deformarsi ed è presente nelle vicinanze delle superfici articolari.

Il suo scopo è quello di ridurre l’attrito interno alle articolazioni, ammortizzando le superfici che scivolano l’una contro l’altra ed evitando i piccoli traumi a cui sono esposte le articolazioni durante il movimento.

Nello specifico, la cartilagine del ginocchio protegge tendini e legamenti, che garantiscono la stabilità delle articolazioni.

Una volta danneggiata la cartilagine, tendini, legamenti e muscoli sono soggetti a maggiore stress, che, nel tempo, causa un danneggiamento delle strutture fino a condurre al blocco dell’articolazione o ad instabilità articolare.

I danni alla cartilagine possono derivare da una naturale usura dovuta all’invecchiamento cellulare o da traumi, anche di lieve entità, ma ripetuti nel tempo.

PRP ginocchio risultati

gel piastrinico prp al ginocchio

La tecnica di PRP è una tecnica che utilizza una procedura poco invasiva ed è semplice da effettuare.

Inoltre, può essere ripetuta in seguito e ha un elevato potenziale antinfiammatorio, oltre che riparativo.

Ciò permette di raggiungere risultati ottimali in poco tempo.

Le infiltrazioni PRP ginocchio vengono effettuate nell’arco di qualche settimana e i loro effetti si apprezzano dopo circa 2 o 3 mesi dalla prima seduta di trattamento.

PRP ginocchio tempi recupero

Il soggetto può tornare a riprendere le proprie attività fin da subito.

Tuttavia, quando si praticano sport molto pesanti e che gravano in modo particolare sull’articolazione o sul tendine trattato, il consiglio è quello di andare piano almeno per i primi due mesi di ripresa.

Quando si riprende l’attività sportiva di tipo agonistico, invece, il riposo consigliato si estende tra i due e i tre mesi.

PRP ginocchio controindicazioni

Il trattamento di PRP è controindicato ove siano presenti patologie che possano modificare la condizione ematica del paziente, quindi nel caso di neoplasie sistemiche, deficit piastrinico e patologie infettive in fase acuta.

Un’altra controindicazione è lo stato di infiammazione acuta dell’articolazione. Inoltre, si consiglia al soggetto di non assumere farmaci antinfiammatori o antibiotici nei 7 giorni antecedenti alla seduta di infiltrazione.

PRP ginocchio costi

Il costo PRP ginocchio è ancora molto elevato, infatti, un ciclo di infiltrazioni può costare tra gli 800 e i 1200 euro.

Inoltre, va considerato che non tutte le assicurazioni sanitarie coprono questo trattamento, mentre alcune garantiscono solo un loro rimborso parziale.

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